2019
Sono una nomade stanziale. È un ossimoro, ma per me indica che io viaggio più con carta e penna che in reali luoghi geografici. “Poi tu, con la poesia, viaggi il mondo”, diceva la mia amica veneziana Carmela Saccomani. Dei luoghi visitati ho scelto questi dieci, come più rappresentativi, più amati: Pordenone, San Severo, Caorle, Grado, Giardini, Istànbul, Fano, Trieste, Venezia, Condìno (convento).
In copertina: Fra Mauro, Mappamondo (1450 ca.)
Libreria al Segno Editrice, Pordenone
978-88-98449-32-3
I luoghi sono luoghi dell’anima, luoghi che scattano subito in risonanza col mio dentro. La mia geografia dei luoghi amati (a scuola una delle materie preferite) spazia nei luoghi geografici veri e propri: San Severo (dove sono nata e a cui sono visceralmente legata), Pordenone (dove ho scelto di vivere, a vent’anni), Trieste (la libertà, mare e montagna insieme, città mitteleuropea di ampio respiro), Istànbul (la città del mio compagno Turgay), Fano (sulla tratta ferroviaria nei miei viaggi da sud a nord e viceversa), Caorle (luogo di equilibrio spirituale) e altre.
Ma i luoghi sono anche i cimiteri, che subito resettano quel poco (o tanto!) di folle che c’è in me e mi danno pace, la pienezza del qui e ora (pur nel rimpianto per chi non c’è più), le chiese, i monasteri, i giardini. Luoghi dove sono stata, dove mi hanno portata, dove ritorno: città, mari, monti, treni, viaggi. E anche calligrammi, che sono geografia delle parole.
Da queste considerazioni è scaturito il titolo, che subito ho sentito forte, giusto: Geografia dei luoghi amati.
Il libro di Maria Pina la Marca, con il titolo Geografia dei luoghi amati e con in copertina il Mappamondo medioevale di Fra Mauro, potrebbe posizionare immediatamente la scrittrice all’interno della prospettiva umanistica, lì dove la geografia vuole studiare le idee territoriali dell’essere umano nell’insieme dell’esperienza, attraverso sensazioni, percezioni e sentimenti nei confronti di spazi e luoghi. Se lo spazio è un concetto ampio e variegato, e quello di luogo indica un’entità unica, ricca di storia e di significato, i luoghi di Maria Pina la Marca sono luoghi fisici solo a una prima lettura perché, al contrario, rappresentano diversi stati di coscienza all’interno di un viaggio nell’anima che si dipana tra le pagine. Tale poesia può sembrare la carezza di una viaggiatrice che riporta sulla carta le visioni dei singoli luoghi ma, in realtà, le parole sono porte semiaperte per entrare nel profondo dell’intimità. (…)
I luoghi amati dalla poetessa sono luoghi che, oltre il senso letterale, spesso perdono i connotati territoriali per assurgere a spazi senza confini e senza limiti, dove le anime individuali si fondono nell’Anima Mundi. Il viaggio del Sé si compie nei quattro elementi fondamentali: fuoco, terra, aria, acqua e permette il risveglio di quell’energia profonda che innalzandosi verso l’alto amplia la coscienza. (…)
Nella seconda poesia d’apertura, ancor prima dell’indice, in contrapposizione con il titolo della raccolta e con quanto affermato nella sua stessa prefazione, scrive poi “Corre veloce come un treno questo mio sguardo che non vuole saperne d’appoggiarsi alla geografia dei luoghi amati”, come a significare la lotta che quotidianamente la donna vive tra la materia e lo spirito.
Nelle poesie si ascolta il silenzio del Vajont che “scava voragini dentro e lì ti trovi o non ti trovi più”, si cammina “sulla carta geografica dove ogni paese era nota di pentagramma”, si ritrova l’unità in “quell’immenso spazio nel vuoto che è pieno del Sacro”.
L’anima friulese, come definisce l’Autrice la sua identità frutto della mescolanza tra friulana e pugliese, colora d’umanità pietre e cipressi, mari e campanili, piazze e città in quel miscuglio di colori che trova la completezza nel bianco che contiene.
Nelle molteplici poesie (più di 150) le interpretazioni letterali lasciano il posto a letture figurate, allegoriche ma, soprattutto anagogiche, capaci cioè di suggerire un significato più alto connesso con la realtà sovrannaturale che qui trasuda da mille parole.
La poesia è il veicolo d’espressione scelto da una donna inizialmente non riconosciuta a causa della sua appartenenza al genere femminile. Afferma l’Autrice in un’intervista: “La mia poesia nasce per l’incapacità di parlare, che sembra un paradosso però non è così. Vengo da una famiglia abbastanza all’antica, con valori morali dei quali sono molto grata ai miei genitori e quant’altro, e, insomma, detto terra terra, le femmine valevano meno dei maschi e quindi, pur essendo la primogenita, così, non mi era facile parlare e allora come si fa a esprimersi in un modo che può essere vitale, che può essere la propria espressione? La poesia”.
Quindi la poesia è voce, è voce dei luoghi e delle anime, è parola che riempie di significato il silenzio, è gesto che disegna il Mondo, è il verso di una geografia che sussurra ai cuori, spesso discosta ca convegni e proclami, ma che trova eco nelle affinità elettive.
Flavia Cristaldi
Professoressa ordinaria di Geografia, Università di Roma, Dipartimento Storia Antropologia Religioni Arte Spettacolo
ANCESTRALI EMOZIONI
Pordenone
è un gran lago tranquillo
che attutisce
l’alacre operosità
friulana
quest’acqua obbliga
alla discesa
nelle proprie forti
ancestrali emozioni
Tre germani
puntano decisi a sud
IL FALÒ — Epifania
Sale il fumo
contorto
come budella
per aruspici
e guarda la folla
assiepata
a carpire il futuro
nelle volute distratte
stretta fra pinza
e vin brulè
Noi aspettiamo
silenziosi
MARZO AL PARCO SAN VALENTINO
Siamo in due
al parco
io e il germano reale
accovacciato in improbabile
cova
Hanno tagliato i nocciòli
dove correvano scoiattoli
pavidi menestrelli degli alberi
nell’ultimo autunno
della memoria
Un vento gelido
di bora scura
fa colonna sonora
Corrono
queste foglie di marzo spinte
su terreno in pendenza
tappeto di foglie accartocciate
e chiurla insistente
un assiolo
QUIETE
costeggiando il Noncello
Sono sicura
che sono folaghe
che nuotano
controcorrente
e pure se ne lasciano
trasportare
senza opporre resistenza
penna bianca indiana
d’identità
Ora un tuffo placido
proprio al di qua
delle tante sfumature
dei verdi d’abbandono
Anche l’occhio si tuffa
Tranquillo
Ad assorbire della pace
il movimento
te lo rimando
per i tuoi bisogni
di quiete
GARRISCONO
Garriscono
ma sembrano gabbiani
queste rondini
sopra i tetti vecchi
della mia città
I loro giri armoniosi
volare in coppia
mi ricordano che sempre
sempre è possibile il sogno
pur nella breve durata
dell’oggi
Entro nei vicoli asciutti
Vico Cicorielle vico Corona vico Fabbri
dedalo sconosciuto
a seguire l’odore del pane
il forno della memoria
ma questi orribili cancelli
tutti uguali tutti uguali
sono bavagli al cuore
e io cammino piano
VOLANO GAZZE
Volano gazze
e volano basse
oggi
sono bianchi i lisci tronchi
di glabri olivi
ed è quasi indistinto
il crinale garganico
al di qua
c’è il solito piatto
confortante Tavoliere
sono nella stessa terra
che ha udito
i miei passi silenziosi
L’EUCALIPTO SCORTICATO DAL VENTO
L’eucalipto scorticato dal vento
apre il proscenio della memoria
e già i colori sono diversi
cala un solo forte d’amaranto
al pascolo girano greggi inconsuete
che scandiscono un tempo d’abbandono
OLIVI
Antichi
immobili
stanchi
contorti
pregnanti
ieratici
guerrieri
dall’elmo
color della
luna
SAN SEVERO DAL TRENO
Ho lasciato
queste fili di fichi d’India
rossi frutti maturi
per passare come una carezza
dal mio luogo natio
San Severo
Oggi è un luogo che non c’è
ma la mia memoria
sa che è terreno fertile
humus perenne della mia Anima
che parla da sempre
la voce della poesia
SORVOLANDO IL GARGANO
Sono scie di lumaca
e luccicano sotto il sole
queste stradine che portano
al mare
aggirando i rilievi garganici
seguo il contorno con occhi
che accarezzano come mano
la costa che da alta
e tagliata di netto
scivola in declivio
verso i confini sabbiosi
QUESTO MARE AGITATO
Questo mare agitato
è verde marrone
bianche creste interrotte
le onde
un teso filo blu
segna l’orizzonte
in alto esplode
la rabbia
del cielo
E PER COMPAGNO UN GABBIANO
Sfoglio del quotidiano
le notizie d’un oggi che assaporo
fissate nel qui dei baci di innamorati
Mi culla lo sciabordio
di questo primo mare di febbraio
cinquantasei anni fa nuotavo
da dieci giorni
nel liquido amniotico
il mare infinito di mia madre
Mentre sfoglio
il mare si rifrange
come schiaffi delicati alle rocce
e mi culla in questo oggi
che ri-assaporo dopo inutile veleno
e per compagno un gabbiano
EX VOTO
Una lunga fila di cuori
segni di antica immutata devozione
ornano colonne e muri
nel presbiterio
di queto antico Santuario
Madonna dell’Angelo
Murrine variopinte e senza tempo
parlano al cuore dell’uomo
al cuore superiore
da cui veniamo
nel cui abbraccio
ci riuniremo
UCCELLI
Questa
è la terra degli uccelli
(pesci del cielo)
e dei pesci
(uccelli del mare)
Sono stata un uccello
ingenuo passero
allodola senza fine
nero cormorano
o allocco taciturno
Il loro planare silenzioso
mi riporta lampi
di vite passate
È SEMPRE EMOZIONE
È sempre emozione
questo segno di pace
che oggi si esprime
nella millenaria basilica
di Grado
e chino la testa
e sorrido lieve
di quell’amore universale
che mi porto da altre vite
ed è l’inchino
retaggio di rituali d’Oriente
dove una volta ero
LE COVE
isola del cimitero
Il retro delle tombe
è terra di nessuno
fra schiere di loculi
terra incolta
e vasi dimenticati
Riflettono il nostro cammino
prima che il nostro spirito
si dispieghi
Ci guardano
con occhi cancellati
i nostri cari
negativi di foto
in bianco e nero
del nostro tempo delle illusioni
GRADO
arrivo al mare
Posso toccare con mano
Questa lingua di terra
mentre la barca vira a destra
Mi rifugio sull’isola d’oro
altro giorno in incognito
solo la tortora zoppa
sa dove sono
MADONNA NERA
È la stessa
questa Madonna nera
che ricordo venire dall’Oriente
dal fondo dell’Adriatico
quando s’apre all’est
e al sud d’ogni dove
geografico
Oggi qui
nella basilica di MadonnaNera
il coro canta
alla stessa Madonna nera
le cui braccia aperte
accarezzano amorevoli
a ogni latitudine
ROSA ROSAE
Mi piacciono libere
le rose
lontane dalle regolari geometrie
di contesti architettonici
Sono come il mio animo
in moto ondoso
perennemente scarmigliato
Per tutta la vita
mi hanno insegnato a seguire
l’ordine
ma qui a Nova Gorica
s’illumina la mia Anima
perché lasciano le rose libere
di combinarsi tra loro
e vivere come vogliono
ANNA SGARABOTTOLO
aedo delle rose
Sei rosa rampicante
o rosa canina
più sostanza
che vellutata appariscenza
e scivola l’accento sdrucciolo
di patavina origine
Ci racconti della storia dei tempi
antiche declinazioni
rosa rosae rosae
PETALI
Sono baci
questi petali di melograno
che scendono lievi
Una volta scrivevo
l’autunno dei miei
sentimenti
oggi l’estate è piena e matura
e dà luce nuova
ai miei occhi verdi di sempre
Quando sono ombroso sento il suono degli uccelli che mi cullano e mi rilassano e riposo in pace __________
NON MI CHIEDO DOV’È ALLAH
Sei
nel rito della mia
messa
là dove
le mie e le tue preghiere
si congiungono
oltre il presente
come le nostre mani
intrecciate
come il nostro reciproco
sentire
d’un unico tumulto
di cuore
Non mi chiedo dov’è Allah
sulla strada dei tuoi
avi
che i miei calpestavano
con vessilli di pace
e segnavano gli zoccoli
terreno di mota sconnessa
verso l’Oriente
CIELI BLU DI ISTANBUL
Cieli blu di Istànbul
dove il Bosforo riflette
i suoi cupi pensieri
stretto tra i fianchi
indissolubili delle donne
turche d’Occidente
e contano le stelle
più dei nostri ricordi
senza ritorno
I miei occhi muti di te
CORRONO
Corrono
i pensieri sulle dune
sembrano toccarle
veloci come fennec
già all’orizzonte la coda
e risuona il mio canto
per te
amore lontano nel vento
nei pesci nelle acque
scure dei Dardanelli
DELL’AMORE
Scopre il tempo
le tue bugie d’orgoglio
inutili pezze
al castello della tua vita
colorata
e luci odori suoni sapori
scompaiono dietro la
fumeria d’oppio
retaggio di cultura
millenaria
Per mille e mille
e mille e una notte ancora
racconti l’infinita storia
dei tuoi stupiti Sé
TREDICI LUNE TREDICI STELLE
Tredici lune tredici stelle
cento domande sulla mia pelle
ombra d’amore dal vento spazzata
prenditi il cuore
dammi il tuo amore
AL MERCATO DI FANO
Ho scelto
questi pezzi di pietre
erosi dal vento
che oggi scompiglia
più del solito
e lava come
pioggia benefica
Ho comprato
al mercato di Fano
mezzo chilo
di pietre smerigliate
Questa sera
guarderò il mio destino
SONO SEDUTI SULLA SABBIA
Sono seduti sulla sabbia
i gabbiani dalle forti braccia
e piegano il capo
all’alba che culla
il mio viaggio lontano
lontano dalla realtà
di un dolore che non si può
più tacere
e cerca di dare scacco
ad affetti inutilmente cloroformizzati
GABBIANI
Le sentinelle degli scogli
vigilano su questa chiazza
di mare marrone
non vedo che sassi pietre ciottoli scogli
Nell’abbraccio silenzioso
fra cielo e mare
piove sulle nostre illusioni
DANZANO I GABBIANI
Danzano i gabbiani
lenti nelle carezze
fredde del vento
a terra
le sentinelle del tempo
semplicemente stanno
in fila ordinate
DI QUESTA CITTÀ
Di questa città
vorrei l’anima
che si immerge
nello specchio di mare
profondo
con solidità
di montagna alle spalle
nel suo respiro asburgico
oggi europeo
e ancor più
nelle braccia grandi
di questa piazza Unità
nello sguardo
che può perdersi
all’orizzonte
in un andare e tornare
sempre nuovo
Vorrei
di Trieste
esser figlia
TRIESTE
Invitano alla lentezza
queste strade in ripida pendenza
proprio al contrario del mare
rifugio a cui ritorno
antica e sempre nuova panacea
Invitano alla lentezza
queste strade in ripida pendenza
verso il tram di Opicina
ideale punto d’arrivo
e ho lasciato il mare alle spalle
consueto rifugio dell’anima
nelle mie fughe triestine
d’equilibrio
Nel lento camminare
rifletto sul mio oggi
non siamo altro che respiro
LASCIO
Risiera di San Sabba
Lascio
tutto quello che conosco
di Trieste
le rive l’aria leggera
mitteleuropea
l’allegria quieta del mare
Quante grida
si sono alzate
da questa cella
che niente lasciava presagire
di buono
dodici passi per undici
finestre di luce
a scacchi
per prigionieri stipati
nella stanza del nulla
Forse avrei taciuto
io
col cuore stretto
da impossibile filaria
guardando la porta
dove sono ora
nella lunga breve attesa
del nulla
QUI NON SI VEDE NESSUNO
Cimitero Sant’Anna
Qui non si vede nessuno
nascosta sotto due altissimi cipressi
Terry Kokitansky
mi guarda
dalla sua cappella
del riposo eterno
Sono sicura che apre
le sue grandi invisibili
braccia
e un po’ mi protegge
nell’affanno del quotidiano
ma mio padre
sempre c’è
FISSA SOSPESA DENSA
Fissa sospesa densa
partorita da un
comignolo
mi entra nei
polmoni
dai finestrini
di un treno di
seconda mano
QUESTO MARE
Questo mare
increspato
come carta
di presepe
e l’acqua
verdastra
e gabbiani
inquieti
presaghi segni
dell’imminente
acquazzone
che lava
e copre
e unisce
la terra
lontana
esile
striscia
che chiamano
Venezia
e l’acqua
e il cielo
e briccole
e chiude
confonde
Un gabbiano
vola
parallelo
al mio treno
LAGUNA
Eccola spuntare
dopo un’infinita serie
di cespugli marroni
la laguna di Venezia
e tutta la sua affascinante
bellezza
Tra cielo e mare
oggi c’è il nulla
non fosse per la vitalità
d’un motoscafo
che costeggia briccole silenziose
Stanno per aprirsi
gli occhi della bella signora
sono pietre sono scuri
i soliti grandi cento occhi
per guardarti meglio
CONDINO
convento
E offre pace
nel nome di Colui che è
questo rifugio nella vallata
tra le montagne
moderno codice d’accesso
al suo interno
la secolarità del gesto
del silenzio
del lento camminare
del muto ringraziare
Veni Sancte Spiritus
tui amoris ignem accende
È come una spirale
per asini
questo chiostro interno
dove giro e giro
senza trovare l’uscita
Mi accompagna il suono del tempo
senza tempo
che dà quiete
alla mia inquietudine
di sempre
qui si respira
aria di pace
Fanalino di coda
mi sento
e chi dice che vale meno
della testa o del corpo
le lucciole lì hanno la luce
io chiudo il giro
Abbiamo iniziato
con un canto di passeri
allegro cinguettio
nella parte alta del pentagramma
assiepati
nascosti come banditi
ricamano armonia
con canti a rimpiattino
Congratulazioni infinite per la pubblicazione, per la presentazione e per la tua capacità di aprirti e mostrarti in modo semplice ma potente allo stesso tempo!
Ho letto il libro tutto d’un fiato, le poesie sono una più ricca dell’altra. Sarà l’emotività del momento, ma è stato emozionante ripercorrere con te i tuoi luoghi e le tue esperienze che in parte un po’ condivido. Le radici lontane, l’adozione da parte di Pordenone, l’esperienza di Istanbul di cui mi hai raccontato mentre ero in Marocco e che mi ha riportata indietro nel tempo…l’immagine della Matrioska è stato tanto significativa!
Ho detto alla mamma, appena finito di leggere il libro, che l’arte della poesia è forse tra le più difficili da padroneggiare, bisogna saper trasmettere se stessi a chi le legge/ascolta e io sia leggendo le tue poesie che ascoltandole ho avuto i brividi e la pelle d’oca…Ancora complimenti infiniti!
Carla Cipolla
Ex alunna. Pordenone
Mi sono immersa nelle poesie.
È stato commovente scoprire la tua anima tra le parole. Ho letto più d’una volta alcune strofe fino a trovare il ritmo e la cadenza adeguati.
Quanto lavoro e quanti sentimenti dietro questo bel libro!
Auguri!
Cristina Zabalo
Argentina
Volevo ringraziarti per i bei momenti che ho vissuto nell’ascolto delle tue poesie: una sorpresa per me! Tu giochi con le parole e trasmetti emozioni: grande!
Mi ha fatto piacere vederti così, in forma, veramente solare.
Un abbraccio grande. E rimani così come sei: vera, diretta, autocritica se serve.
Letizia Marchi
Pordenone
Sei stata davvero una star.
Una presentazione vivace, allegra, calda, intima, confidenziale e molto altro.
Una modalità di contatto amichevole, dove il pubblico si è sentito parte della tua Vita e della tua Poesia. Mi è piaciuto tutto. Proprio TUTTO! BRAVISSIMA!
Lori Gazzola e Carlo Scaramuzza
Pordenone
Gentile Maria Pina,
come sta?
La ringrazio molto d’esser venuta al nostro concerto e di avermi donato il suo bel libro Geografia dei luoghi amati. Le poesie mi sono piaciute molto, particolarmente quelle della sezione dedicata a Grado e quelle della sezione dedicata a San Severo. Il libro è curato con molto amore, belle le citazioni e bella anche la scelta di utilizzare il Mappamondo di Fra Mauro per la copertina.
Anch’io, come la sua allieva Grace di dieci anni, la ringrazio molto di “fare LA poeta”.
Cordiali saluti e auguri per tutto!
Massimo Lonardi
Piccolo musico rinascimentale casualmente capitato in questo strano tempo. Milano
Gentile Meri,
ho letto la tua raccolta di poesie. Mi è sembrata un viaggio dell’anima molto emozionante e narrato con un linguaggio semplice e raffinato nello stesso tempo. Ha resuscitato in me quello stupore/dolore che nasce dalla consapevolezza di essere in balia di un destino cieco che ci ha strappato dalle radici per portarci in terre lontane.
Buona fortuna per le tue prossime opere.
Giovanni Ciot
Milano
Buongiorno Gentile Poetessa,
ho letto le sue poesie tutte d’un fiato: mi hanno affascinata.
Sono state create con buon gusto e indiscutibile capacità artistica. Molto belle.
Parteciperà a Pordenonelegge?
Saluti
Licia Brugnera
Pordenone
Gentilissima Maria Pina,
era ancora giugno, credo, quando mi ha donato la sua ultima racconta di poesie. Tra le pagine, un biglietto da visita.
Posso così contattarla per esprimerle il personale apprezzamento per il suo viaggio che mi ha accompagnato durante l’estate, facendomi guardare con emozione nuova i luoghi amati (ce ne sono alcuni che insieme amiamo) e scoprire nuovi luoghi del cuore.
Grazie del bel dono e buon lavoro.
Saper scrivere poesie non viene così, lo so, ma è comunque un dono che a pochi viene elargito. Senza alcuna magnanimità.
Francesca Agostinelli
Udine
Gentilissima Maria Pina,
innanzitutto grazie del prezioso dono dello scrigno di parte minuta della tua anima.
Gran parte dei luoghi che hai citato nel libro sono luoghi che spesso ho frequentato una volta insediatomi a Pordenone. (…)
Al di là di questo, leggendo le tue poesie ho percepito un velo di nostalgia, come se la gioia trovasse quasi sempre un ostacolo per essere espressa. Posso anche sbagliarmi, perché le tue poesie risultano ermetiche. Per chi, come me, conosce i luoghi che tu hai descritto, riesco ad immaginare cosa stai descrivendo, quale scena stai fotografando con la tua anima.
È chiaro che le poesie vanno lette e rilette. Ogni volta svelano qualcosa di nuovo.
Complimenti vivissimi e grazie di cuore.
Antonio Loperfido
Pordenone
Il tempo se lo mangiavano gli occhi
Geografia dei luoghi amati
Per piano solo
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L'aquilone terrestre
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